La Polisportiva Distributista
Per capire il senso dell’importanza della Polisportiva nel Progetto di Luces Veritatis, riprendiamo alcuni brani dal documento «Dare il meglio di sé». Documento sulla prospettiva cristiana dello sport e della persona umana del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, 01.06.2018, documento che invitiamo a leggere per intero data la ricchezza e la numerosità degli spunti che contiene.
1. Le ragioni e le finalità del documento
Per dare il meglio di sé
Dare il meglio di sé stessi è un aspetto fondamentale nello sport, per qualsiasi atleta che, individualmente o in squadra, gareggi con tutte le forze per ottenere il proprio risultato sportivo. Quando si dà il meglio di sé stessi, si sperimenta la soddisfazione e la gioia della realizzazione personale. Accade nella vita così come accade nel vivere la fede cristiana. Ciascuno vorrebbe dire un giorno, come san Paolo, “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2 Tm 4,7). Questo documento intende aiutare a comprendere la relazione tra dare il meglio di sé stessi nello sport e la fede cristiana vissuta ogni giorno.
1.1 Le motivazioni del documento
La Chiesa come Popolo di Dio ha un’esperienza ricca e profonda dell’umano e con grande umiltà vuole condividerla e metterla a disposizione di tutto il mondo dello sport. La Chiesa è vicina al mondo dello sport perché desidera contribuire alla costruzione e allo sviluppo di uno sport autentico e orientato alla promozione umana.
Infatti, “nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco”[1] nei cuori dei discepoli di Cristo. Lo sport è fenomeno universale che nel nostro tempo ha assunto un’importanza nuova, trovando un’eco nei cuori del Popolo di Dio.
La Chiesa ha una visione della persona, come unità di corpo, anima e spirito, e rifugge idee di riduzionismo nello sport che sviliscono la dignità della persona. “La Chiesa si interessa di sport perché le sta a cuore l’uomo, tutto l’uomo, e riconosce che l’attività sportiva incide sulla formazione della persona, sulle relazioni, sulla spiritualità”.[2]
Questo documento intende offrire una breve presentazione della visione della Santa Sede e della Chiesa Cattolica sullo sport. Recentemente si era affermata una tendenza, in parte dovuta al modo in cui è stata interpretata la storia dello sport, a ritenere che la Chiesa Cattolica abbia avuto esclusivamente un pensiero e un approccio ostile rispetto allo sport, soprattutto nel Medioevo e nella prima parte dell’epoca moderna, a causa di un atteggiamento negativo verso la corporeità. Questo in realtà è un fraintendimento dell’atteggiamento cattolico verso la corporeità avuto in queste epoche storiche e trascura le influenze positive che la tradizione cattolica ha apportato allo sport, dal punto di vista teologico, spirituale e educativo, valorizzandolo a pieno titolo dal punto di vista culturale.[3]
“L’atteggiamento cristiano, dinanzi allo sport come alle altre espressioni delle facoltà naturali della persona, quali la scienza, il lavoro, l’arte, l’amore, l’impegno sociale e politico, non è un atteggiamento di rifiuto o di fuga, ma di rispetto, di stima, semmai di riscatto e di elevazione: in una parola, di redenzione”.[4] Nello sport è presente un aspetto di redenzione quando il rispetto della dignità della persona è la priorità e lo sport è a servizio della crescita e dello sviluppo integrale della persona. Come dice papa Francesco, “Il legame tra la Chiesa e lo sport è una bella realtà che si è consolidata nel tempo, perché la comunità ecclesiale vede nello sport un valido strumento per la crescita integrale della persona umana. La pratica sportiva, infatti, stimola a un sano superamento di sé stessi e dei propri egoismi, allena allo spirito di sacrificio e, se ben impostato, favorisce la lealtà nei rapporti interpersonali, l’amicizia, il rispetto delle regole”.[5]
La Chiesa Cattolica rivolge questo documento a tutte le persone di buona volontà. In particolare, la Chiesa intende dialogare con tutte le persone e le organizzazioni che si impegnano a difendere i valori presenti nell’esperienza sportiva.
Inoltre, la Chiesa vuole indirizzare questo documento a tutti i fedeli cattolici, partendo dai vescovi e dai sacerdoti, ma soprattutto ai laici, che sono maggiormente impegnati nel mondo sportivo. È un documento che vuole parlare a tutti coloro che amano e promuovono lo sport, siano essi atleti, insegnanti, allenatori, genitori, persone per cui lo sport è una professione o una vocazione.
Si vogliono inoltre promuovere queste riflessioni pensando ai fratelli e sorelle nella fede che da oltre cinquanta anni sono impegnati nell’evangelizzazione e promozione dei valori cristiani attraverso lo sport.[6]
Come potrebbe la Chiesa disinteressarsene?
Nel corso della sua storia la Chiesa è stata una sostenitrice della bellezza nelle arti, nella musica e in molti altri ambiti di attività della persona. Il motivo fondamentale è che la bellezza proviene da Dio e perciò, come creature da Lui amate, anche noi ne godiamo. Lo sport ci offre l’opportunità per essere attori partecipi di questa bellezza o spettatori ammirati. In questo modo, lo sport ha il potere di ricordarci che la bellezza è una delle strade per poter incontrare Dio.
Del resto, oggi, l’universalità dell’esperienza dello sport, la forza comunicativa e simbolica, le grandi potenzialità educative e formative, sono riconosciute e evidenti. Lo sport è ormai un fenomeno di civiltà che abita a pieno titolo la cultura contemporanea, che permea gli stili e le scelte di vita di molte persone. Questo ci spinge a riproporre l’interrogativo retorico di Pio XII: “Come potrebbe dunque la Chiesa disinteressarsene?”[7]
Pio XII e poi Paolo VI aprirono con forza il dialogo tra la Chiesa e il mondo dello sport nel ventesimo secolo, valorizzando gli aspetti che avvicinano e accomunano gli ideali dello sport alla vita cristiana: “Sforzo fisico, qualità morali, amore per la pace: su questi tre punti il dialogo che la Chiesa intrattiene con il mondo dello sport è sincero e cordiale. Il nostro desiderio è che sia sempre più ampio e fecondo”.[8]
L’importanza della pastorale nello sport: un compito essenzialmente educativo
Il dialogo tra Chiesa e sport ha prodotto e continua a produrre una variegata proposta di pastorale sportiva, in particolare nel mondo scolastico, parrocchiale e associativo. Giovanni Paolo II ha sostenuto questo processo, sia nel magistero che nella scelta di aprire per la prima volta all’interno della Santa Sede un ufficio dedicato allo sport.
“La Chiesa deve essere in prima fila per elaborare una pastorale dello sport adatta alle domande degli sportivi e soprattutto per promuovere uno sport che crei le condizioni di una vita ricca di speranza”.[9] La Chiesa non si limita a incoraggiare una qualificata pratica sportiva, ma vuole essere “dentro” lo sport, considerato come un moderno Cortile dei Gentili e un areopago dove annunciare il Vangelo.
Il magistero della Chiesa richiama continuamente alla necessità di promuovere “uno sport per la persona” in grado di dare senso e pienezza alla vita, in grado di valorizzare integralmente la persona, la sua crescita personale e morale, sociale, etica e spirituale. L’interesse della Chiesa per lo sport si concretizza in una presenza pastorale variegata e diffusa, avendo come punto di partenza e di fine l’interesse per l’essere umano.
[omissis]
2.2 Cos’è lo sport?
A lungo filosofi dello sport e studiosi hanno cercato di individuare una definizione adatta allo sport. Non è un compito facile, anche perché sino ad ora non c’è una definizione generalmente condivisa. In aggiunta, bisogna dire che lo sport è un fenomeno sottoposto ai mutamenti storici. Ciò che si considera sport oggi, potrebbe non esserlo più domani, e viceversa. Così sarà complicato trovare una definizione di sport. Tuttavia, questo non significa che non si possano individuare alcuni elementi generali universalmente attribuiti allo sport.
In primo luogo, il concetto di sport è legato al corpo umano in movimento. È vero che ci sono attività che sono annoverate tra quelle sportive e che non prevedono movimento corporeo, ma in genere lo sport è identificato come un’attività di persone che, individualmente o in gruppo, compiono esercizi fisici e di movimento con il proprio corpo.
In secondo luogo, bisogna richiamare il fatto che lo sport è un gioco. Questo significa che lo sport non è un’attività funzionale o utile a raggiungere un obiettivo esterno a sé stesso, ma la sua finalità si ritrova in sé stesso. Quali obiettivi interni, per esempio, si possono citare la ricerca della perfezione del gesto tecnico, il miglioramento di una propria prestazione o il superamento del risultato di un avversario, il giocare bene come squadra per vincere una gara. Non si può negare che lo sport moderno, in particolare quello professionistico, sia piegato a finalità esterne come, per esempio, portare lustro alla nazione, mostrare la supremazia di un sistema politico o più semplicemente guadagnare denaro. Tuttavia, se queste finalità esterne fossero predominanti sulle finalità interne dello sport, non si potrebbe più parlare di gioco, ma di lavoro. Del resto, le performance degli atleti professionisti non potrebbero mai raggiungere livelli di eccellenza se accanto alla dimensione del professionismo non ci fosse anche quella ludica.
In terzo luogo, lo sport è codificato in regole. Gli obiettivi propri dell’attività sportiva non possono quindi essere raggiunti in qualsivoglia modalità, ma è necessario attenersi alle regole del gioco. Generalmente le regole sono destinate a rendere più difficile il raggiungimento del risultato. Nel nuoto, per esempio, un atleta non può coprire la distanza dei cento metri utilizzando una barca a motore o correndo lungo il bordo della vasca, ma è obbligato a nuotare nell’acqua senza strumenti e nuotando con un particolare stile, per esempio stile libero o farfalla. Certamente la ristrettezza delle regole può essere modulata a seconda del livello di competizione. Un atleta amatoriale che corre tre volte alla settimana una certa distanza, probabilmente si porrà come regola soltanto di non correre più lentamente della volta precedente, mentre una competizione professionistica di alto livello è codificata attraverso complessi regolamenti il cui rispetto è monitorato da giudici e arbitri qualificati, nonché da equipe di specialisti. Uno sport senza regole è praticamente inconcepibile.
Un quarto elemento caratterizzante lo sport è la competizione. Si potrebbe obiettare che uno sportivo amatoriale che si alleni sporadicamente e soltanto per piacere o divertimento personale non sia coinvolto in una competizione. Questo in realtà non è del tutto vero, in quanto anche lui compete con sé stesso, cercando di migliorare il proprio gesto o prestazione rispetto al passato, coprendo una certa distanza, di corsa, a nuoto o arrampicandosi, entro un tempo limite prefissato, e così via. Comunque, nella maggior parte dei casi, l’aspetto competitivo nello sport è molto più sviluppato, così da poter concludere che la competizione è una caratteristica fondante dello sport.
L’ultima componente dello sport è correlata alle precedenti: lo sport, come competizione strutturata e con regole codificate, garantisce una pari opportunità di partecipazione. Non avrebbe senso avere una competizione, sia essa individuale o di squadra, in cui le condizioni di partenza tra gli avversari siano evidentemente disuguali. È per questa ragione che le competizioni sportive sono generalmente distinte per genere, livello di prestazione, classe di età o di peso, gradi di disabilità, e così via.
Sommando questi cinque elementi, potremmo dire che lo sport è un’attività fisica in movimento, individuale o di gruppo, di carattere ludico e competitivo, codificata attraverso un sistema di regole, che genera una prestazione confrontabile con altre in condizioni di pari opportunità. Come già ricordato precedentemente, questa definizione di sport non intende essere esaustiva, poiché presenta numerosi aspetti sfumati.[25] Nonostante ciò, questo può bastare per il proposito di questo documento.
Ma c’è ancora altro da aggiungere. Come abbiamo già chiarito, lo sport non è solo un’attività a sé stante, ma ha anche una dimensione esterna. Dopo tutto, anche chi non pratica direttamente un’attività sportiva, può esserne interessato dall’esterno, commentarla, esserne appassionato, divertito o contrariato e può commentare quella attività in molti modi diversi. Riprendendo quanto già detto, il corpo umano in movimento è un simbolo che si presta a differenti letture. Dopo aver spiegato la dimensione ludica, l’importanza delle regole e della competizione, è necessario approfondire questa pluralità interpretativa dello sport. In un certo senso, una competizione sportiva può essere considerata come la narrazione di una storia tra due o più parti contendenti che gareggiano tra di loro per ottenere un premio fittizio e virtuale senza essere mossi da una motivazione vitale o prettamente concreta o utilitaristica. Rispettando le regole specifiche della gara, i contendenti si sforzano per dare il meglio di sé. Tralasciando le singole motivazioni personali, le parti contendenti mettono in scena una rappresentazione estetica e artistica comprensibile a tutti, anche agli spettatori esterni, e in cui tutti sono in grado di essere protagonisti nel dare il proprio livello di lettura e interpretazione. Come per le opere artistiche, anche la narrazione sportiva non ha un contenuto chiaro, distinto, univoco e per questo è aperta a diverse e anche opposte attribuzioni di significato o interpretazioni.
Per concludere questa riflessione sul concetto di sport, possiamo ora affermare che da un lato lo sport è un tipo di mondo a sé stante, nel quale emerge la dimensione del gioco, che in linea astratta, non persegue finalità esterne a sé stesso. Dall’altro, il “sistema sport” ha anche un lato esteriore che si presenta a chi lo guarda da fuori come una narrazione altamente espressiva ma senza un contenuto univoco e chiaro, così da prestarsi a variegate forme di interpretazione e giudizio. È questa molteplicità interpretativa che rende lo sport così affascinante ai popoli di tutto il mondo, ma che allo stesso tempo lo espone a strumentalizzazioni funzionali e ideologiche che non gli appartengono.
[omissis]
5.5 Alcuni elementi fondamentali per un progetto pastorale attraverso lo sport
La bellezza dello sport a servizio dell’educazione
Lo sport è un bene pastorale e necessita di essere promosso con qualità. Lo sport ha proprie regole, una sua specificità, una propria bellezza e ha bisogno di essere promosso garantendo la miglior qualità tecnica e organizzativa. Tuttavia, la bellezza del gesto sportivo, la qualità dell’insegnamento tecnico e l’efficienza organizzativa non sono le finalità ultime.
Lo sport è in grado di generare passioni e emozioni forti, ma il compito dell’azione pastorale non è quello di fermarsi al livello emozionale, ma di cercare ricadute a lungo termine, capaci di incidere in modo duraturo sulla vita di ogni giorno. Il compito pastorale dello sport è accogliere, accompagnare, orientare e offrire ragioni di speranza e di verità. È un cammino che non si esaurisce in un evento, ma che necessita di continuità e di quotidianità.
Lo sport per ricostruire il patto educativo
“Non cambieremo il mondo, se non cambiamo l’educazione”.[77] Per avere efficacia, un progetto di pastorale dello sport deve essere un lavoro di rete tra le agenzie educative, partendo in primo luogo dalla famiglia, dalla scuola e dalle istituzioni pubbliche. Se vogliamo orientare i processi educativi, non è possibile lavorare a “compartimenti stagni”. “Non si può più delegare la responsabilità educativa. Serve reintegrare gli sforzi di tutti per l’educazione, ricostruendo il patto educativo. Solo con un’alleanza tra tutti gli agenti educativi sarà possibile cambiare l’educazione”.[78] In questa rete la Chiesa dovrebbe lavorare a stretto contatto e con rispetto reciproco con le autorità competenti, al fine di promuovere la propria visione culturale di sport al servizio della persona, creatura amata e creata da Dio a sua immagine e somiglianza.
Lo sport a servizio dell’umanità
san Giovanni Paolo II richiamò la “Relatività dello sport rispetto al primato della persona, perché sia sottolineata la valenza sussidiaria dello sport nel progetto creaturale di Dio. Perciò anche lo sport va visto nella dinamica del servizio, e non in quella del profitto. Se si tengono presenti gli obiettivi di umanizzazione, non si può avvertire l’imprescindibile compito di trasformare sempre di più lo sport in strumento di elevazione dell’essere umano verso la meta soprannaturale a cui è chiamato”.[79]
Questo significa che un progetto pastorale deve porre al centro la persona, come un’ammirabile unità di corpo, anima e spirito. Lo sport deve essere promosso e praticato nel massimo rispetto della persona e orientato alla sua crescita integrale. L’atleta non può essere ridotto a mero strumento usato per raggiungere risultati sportivi, oggi fin troppo collegati a finalità economiche o politiche.
Il gioco alla base dello sport
Lo sport è una sottocategoria del gioco e giocare è la base dello sport a qualsiasi livello. Come dice papa Francesco, è importante che “lo sport rimanga un gioco! Solo se rimane un gioco fa bene al corpo e allo spirito”.[80] Particolarmente importante è che lo sport rimanga un gioco per i giovani, nei contesti educativi. Riflettendo su quale strada dovrebbe intraprendere oggi l’educazione, papa Francesco ha detto che “bisogna cercare ciò che fonda la persona, la salute fondante, la capacità ludica, la capacità creativa del gioco. Il libro della Sapienza dice che Dio giocava, la Sapienza di Dio giocava. Riscoprire il gioco come cammino educativo, come espressione educativa. Allora l’educazione non è più solo informazione, è creatività nel gioco. Quella dimensione ludica che ci fa crescere nella creatività e nel lavoro insieme”.[81]
Il lavoro di squadra contro l’individualismo
È già stato enfatizzato in questo documento che chi pratica sport può “sentire il gusto, la bellezza del gioco di squadra, che è molto importante per la vita”.[82] Appartenere a un gruppo sportivo significa rifiutare qualsiasi forma di individualismo, egoismo e isolamento sociale, e offrire “l’occasione per incontrare e stare con gli altri, per aiutarsi a vicenda, per gareggiare nella stima reciproca e crescere nella fraternità”.[83] L’esperienza sportiva promuove con immediatezza dinamiche di amicizia e convivenza che, se vengono coltivate e valorizzate possono andare oltre i confini dei campi di gioco e diventare un’opportunità per costruire relazioni significative e durature.
Lo sport è per tutti
Lo sport crea empatia e aggrega le persone provenienti da qualsiasi percorso di vita, generando una cultura dell’incontro. Esso deve fuggire dalla “cultura dello scarto” e essere accessibile, accogliente e inclusivo. Lo sport deve inoltre garantire l’integrazione delle persone con disabilità. “Che tutti giochino, non solo i più bravi, ma tutti, con i pregi e i limiti che ognuno ha, anzi, privilegiando i più svantaggiati, come faceva Gesù”.[84] In questo modo, “l’attività sportiva diventa autentico servizio alla crescita della comunità”.[85]
Una visione ecologica dello sport
L’epoca che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è il cambiamento di un’epoca, cambiamento accelerato dalla rivoluzione tecnologica e digitale. Le attuali giovani generazioni sono profondamente influenzate da queste trasformazioni, e anche lo sport stesso ne viene colpito. La presenza degli e-Sport (sport elettronici) e di nuove forme di doping, che nascono dallo sviluppo tecnologico e dalle nuove scoperte in campo medico, sono soltanto la punta dell’iceberg di un fenomeno che sempre di più sta entrando in profondità nello sport.
Se da un lato la rivoluzione tecnologica e digitale sta portando grandi benefici all’umanità ed è giusto dargliene atto, oggi il paradigma tecnocratico dominante ha effetti preoccupanti. Secondo papa Francesco, ci sono evidenze di molti sintomi negativi, “come il degrado ambientale, l’ansia, la perdita del senso della vita e del vivere insieme”.[86]
In questo contesto lo sport può andare controcorrente, in quanto fa sì che i giovani si possano incontrare faccia a faccia tra di loro, anche a volte provenienti da differenti condizioni di vita. Mentre giocano in squadra, cioè mentre si impegnano in qualcosa che per loro è una questione molto seria, imparano come affrontare concretamente le dinamiche di conflitto tra di loro. Hanno anche la possibilità di scontrarsi sportivamente con persone di altri gruppi della loro comunità, del loro paese o del mondo, allargando così il loro orizzonte di conoscenze personali. Esperienze di questo tipo aiutano i giovani a comprendere che fanno parte di una realtà più grande di quanto potevano immaginare e a vivere un’esperienza che può dare un senso e un obiettivo alla loro vita.
Lo sport è un ambiente nel quale molti giovani e non solo, provenienti da culture e religioni diverse, imparano a dare il meglio di sé. Questi tipi di esperienze possono essere un “segnale di trascendenza”.[87] Questo documento ha portato alla luce come l’esperienza dello sport – fatta di gioia, incontro con le diversità e costruzione di comunità, crescita in virtù e superamento di sé – può insegnarci qualcosa sull’essere umano e sul suo destino.
Nel suo discorso al Centro Sportivo Italiano, nel 2014, papa Francesco ha esortato coloro che lo stavano ascoltando, e allo stesso modo esorta anche noi oggi, a dare il meglio di sé stessi, non solo nello sport, ma in tutta la nostra vita: “E proprio perché siete sportivi, vi invito non solo a giocare, come già fate, ma c’è qualcosa di più: a mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio e entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un “pareggio” mediocre, dare il meglio di sé stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre”.[88]
[fine della citazione]
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Credits: Photo by Agence Olloweb on Unsplash